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Autore Topic: equazioni del terzo grado  (Letto 2812 volte)

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marcomasetti

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equazioni del terzo grado
« il: 11 Maggio 2013, 23:09 »
Scipione dal Ferro, all’inizio del sedicesimo secolo a Bologna, scoprì una soluzione dell’equazione del terzo grado e la comunicò , prima di morire, ad un suo studente.  Forte di questo segreto, lo studente sfidò poi i matematici Tartaglia e Cardano, che riuscirono a risolvere per altra via la questione, generalizzandola.
Per noi tale equazione,eguagliata ad y, rappresenta la parabola cubica nella forma piana. Dato che la parabola cubica presenta un flesso, essa ha una forma analoga a  due semiarchi di parabola rovesciati e raccordati. Di conseguenza esisterà sempre una intersezione con l’asse delle xx, ovvero almeno una radice. A seconda poi della posizione del suo massimo, o minimo, relativo, potranno esserci altre due radici, soltanto un’altra radice (se l’asse xx le è tangente) o nessun’altra radice.
Ad ogni aumento dell’ordine di una curva algebrica si crea un nuovo flesso. Per tale motivo la parabola del quarto ordine ha generalmente la forma di una parabola comune con una concavità o ammaccatura (a causa dei due flessi). In generale, dunque, solo le parabole di ordine dispari (compresa la retta che può considerarsi di ordine 1) presentano sempre almeno una radice.
La parabola del terzo ordine svolge un ruolo importante nel design, infatti le curve di Bézier sono solitamente linee di tal tipo.
La formula generale della parabola cubica è:
y=a1*x^3+a2*x^2+a3*x+a4
tuttavia essa può essere semplificata ponendo pari a 1 il coefficiente del terzo grado, operazione che geometricamente corrisponde a schiacciare la curva di 1/a1, con la nuova equazione:
y = x^3 + a2/a1*x^2 + a3/a1*x + a4/a1
Dato che la curva viene compressa lungo la verticale, non cambiano le radici.
Consideriamo pertanto l’equazione semplificata con incognita x:
x^3 + a*x^2 + b*x + c=0
Ricordiamo che se conoscessimo le radici x1,x2,x3, di cui una è sempre reale, potremmo scrivere l’equazione come:
(x-x1)*(x-x2)*(x-x3)=0
ovvero:
x^3-(x1+x2+x3)*x^2+(x1*x2+x2*x3+x3*x1)*x-x1*x2*x3=0
dunque:
a=-x1-x2-x3
b= x1*x2+x2*x3+x3*x1
c=-x1*x2*x3
Questi valori, per gli antichi algebristi, avevano un significato geometrico:

-c rappresenta il volume del parallelepipedo di lati x1,x2, x3,
b  rappresenta la sua semisuperficie (somma di 3 facce disuguali)
-a rappresenta la somma delle 3 dimensioni lineari (lati)
Il metodo di Scipione Dal Ferro esige che si elimini il monomio di grado 2, cioè dobbiamo ridurre l’equazione alla forma:
xx^3+p*xx+q=0 ,  dove xx qui denota l’incognita.
Supponiamo di avere già eliminato l’elemento di grado 2, avendo sostituito in modo opportuno xx con x+t:
 (x+t)^3+p*(x+t) +q=0
x^3+3*x*t^2+3*x^2*t+t^3 + p*x+p*t + q=0
x^3 + 3*t*x^2 + (3*t^2+p)*x + t^3+p*t+q=0
che deve corrispondere a:
x^3 +   a*x^2  +      b*x      + c=0
Pertanto:
t=a/3
p=b-3*t^2= b-a^2/3
q=c-p*t-t^3= c- b*t +3*t^3-t^3=c-b*t+2*t^3= c-b*a/3+2*a^3/27
La soluzione dell’equazione è:
d=(p/3)^3+(q/2)^2
xx=( sqr(d) – q/2  )^(1/3) - ( sqr(d) + q/2  )^(1/3)
Se  (p/3)^3<-(q/2)^2 il discriminante d risulta negativo e si ha una coppia di complessi coniugati:
xx=(– q/2 + i*sqr(-d))^(1/3) +(-q/2 - i*sqr(-d))^(1/3)
dove i rappresenta l’immaginario.
La radice cubica di un numero complesso, che è un vettore bidimensionale, consiste nel vettore con modulo pari alla radice cubica del modulo ed angolo pari a un terzo dell’angolo del vettore originario.
Il numero complesso   -q/2 + i*sqr(-d)  rappresentato come vettore ha la forma:  (-q/2, sqr(-d))
Il suo modulo pertanto è: sqr( (q/2)^2 -d) = sqr( (-p/3)^3 )
Ricordiamo che in questo caso p è negativo, essendo:  (p/3)^3<-(q/2)^2
Il suo angolo rispetto l’orizzontale risulta:
al=acs(-q/2/sqr( (-p/3)^3 ))
pertanto:
(-q/2+i*sqr(-d) )^(1/3)  = sqr( -p/3 )*(cos(al/3),sin(al/3))
dunque, considerato che la somma dei due vettori produce un vettore disposto lungo l’asse x:
xx=2*sqr(-p/3)*cos(al/3)= 2*sqr(-p/3)*cos(acs(-q/2/sqr( (-p/3)^3 ))/3)

In conclusione una radice di
x^3 + a*x^2 + b*x + c=0
è fornita da
p= b-a^2/3
q= c-b*a/3+2*a^3/27
d=(p/3)^3+(q/2)^2
xx=2*sqr(-p/3)*cos(acs(-q/2/sqr( (-p/3)^3 ))/3)-a/3                se d<0
xx=sgn(sqr(d)-q/2)*abs(sqr(d)-q/2)^(1/3)-sgn(sqr(d)+q/2)*abs(sqr(d)+q/2)^(1/3)-a/3    se d>=0
Nota: dalle verifiche risulta che il linguaggio GDL non accetta le radici dispari di argomenti negativi, per cui è necessario scrivere le radici cubiche nella forma:
sgn(r)*abs(r)^(1/3)  equivalente a :  exp( sgn(r)*log(abs(r))/3 )
Trovata dunque una radice xx possiamo scomporre il polinomio in x:
(x-xx)*(x^2+bb*x+cc) = x^3 +  a*x^2 +  b*x + c=0
x^3+bb*x^2+cc*x–xx*x^2-bb*xx*x-xx*cc = x^3+(bb-xx)*x^2 +(cc-bb*xx)*x–cc*xx=0
a= bb-xx                       bb=a+xx
b= cc-bb*xx                cc=bb*xx+b=xx^2+a*xx+b= (xx^3+a*xx^2+b*xx+c)/xx-c/xx=-c/xx
c=–cc*xx                    (si riottiene il risultato di sopra)
Poi occorre verificare, per tali valori, se esistono le radici reali e distinte dell’equazione di secondo grado:
x^2+bb*x+cc=0
x1=-bb/2-sqr(bb^2/4-cc)
x2=-bb/2+sqr(bb^2/4-cc)
Molto prima dell’invenzione dei calcolatori elettronici, Cartesio,  nel suo trattato di geometria, intuì che l’algebra poteva essere uno strumento potente per lo studio della geometria. Grazie all’algebra riuscì a risolvere e generalizzare problematiche geometriche sulle quali si erano scervellati i classici greci per secoli. Lo studio delle curve e dei solidi può essere ridotto a equazioni algebriche, come dimostra il linguaggio GDL. Per questo può essere utile tradurre classiche formule matematiche in un oggetto.gsm.
« Ultima modifica: 12 Maggio 2013, 23:31 da marcomasetti »